Nuovi indagati tra i carabinieri della caserma Levante di Piacenza. Sono 24 le persone coinvolte per violenza in servizio e abusi. Tra questi ci sono quasi tutti i carabinieri condannati in primo e secondo grado dopo la prima indagine del 2020 – quando la stazione dell’Arma finì sotto sequestro e al centro degli accertamenti della Guardia di Finanza per i gravi abusi e reati commessi dai militari -, altri cinque carabinieri e nove civili, accusati di spaccio, e quasi tutti comparsi già nel primo procedimento.
La procura ha dunque chiuso il secondo filone d’inchiesta. Le indagini, come si è potuto apprendere, non si erano mai fermate. E adesso, sotto la lente sono finiti alcuni fatti accaduti negli anni precedenti al 2020 e vicende minori già emerse durante la prima inchiesta ma che non erano state ancora contestate. Nell’inchiesta bis si parla di nuovi episodi di violenza in servizio, come nel caso di Giuseppe Montella, Giacomo Falanga, Angelo Esposito e Salvatore Cappellano, già imputati e accusati di tortura nel primo filone, che l’8 aprile 2020 avevano avvicinato un presunto spacciatore, lo straniero El Sayed, picchiandolo e minacciandolo di consegnare la droga in suo possesso.
Nel filone bis ci sono poi diverse contestazioni supplementari legate a reati già segnalati nella prima fase, una serie di falsi e omissioni di atti di ufficio, detenzione illecita di armi e munizioni. E alcuni casi di peculato: in particolare dalle indagini della Procura di Piacenza è emerso come Montella e Cappellano abbiano utilizzato un’auto di servizio dell’Arma dei Carabinieri per andare al supermercato a fare la spesa. Quanto raccolto dai magistrati titolari delle indagini Matteo Centini e Antonio Colonna, nel corso di questi anni, dal 2020, è confluito in un fascicolo che contiene fatti anche del 2017, 2018 e 2019 per i quali i militari piacentini non erano ancora stati giudicati.
Le nuove accuse vanno dall’omessa denuncia di reato, peculato, falsità materiale in atto pubblico, alla violata consegna, rifiuto o omissione di atti d’ufficio per mancate segnalazioni di assuntori di droga alla Prefettura, falso in atto pubblico in memoriali di servizio e detenzione abusiva di armi. E ancora: arresto illegale, rivelazione di atti d’ufficio, violenza privata, perquisizione arbitraria.
I civili invece sono quasi tutti pusher accusati di spaccio. Dalla chiusura delle indagini, gli indagati avranno venti giorni per visionare il fascicolo, farsi interrogare dal pm, produrre memorie difensive, o prove documentali e testimoniali. Di lì, poi, la procura potrà chiedere al gip il rinvio a giudizio o l’archiviazione.
Quanto alle condanne relative al primo filone dell’inchiesta, a novembre la Corte d’Appello di Bologna ha condannato – seppur con una riduzione di pena – cinque dei carabinieri coinvolti nell’inchiesta della Levante. Giuseppe Montella, considerato il capo della banda di spacciatori in divisa, è stato condannato a anni 10 di reclusione, invece che 12; Giacomo Falanga a 6 anni, come in primo grado; Salvatore Cappellano 6 anni e 4 mesi, invece che 8, Daniele Spagnolo è stato condannato a 1 anno e 2 mesi, invece che a 3 anni e 4 mesi. Infine per il comandante di stazione, Marco Orlando, la pena è stata ridotta da 4 anni a 1 anno 8 mesi e 20 giorni.
da La Stampa