Ciao Alfredo,
mi presento: mi chiamo Lorenzo Semeraro e sono un operaio dell’ex Ilva di Taranto, oramai da più di quattro anni in cassintegrazione. Ma non è di me che voglio scrivere.
Ho avuto modo di conoscere te e la tua storia lo scorso 3 dicembre a Roma alla manifestazione indetta dai sindacati di base contro guerra e carovita, quando un gruppo molto combattivo di compagni si è presentato con un enorme striscione sul quale campeggiava il tuo nome e la richiesta di libertà dal regime carcerario del 41 bis, non c’è voluto poi molto per saperne di più, da allora infatti non c’è giorno che non passi senza che i telegiornali non parlino di te, John Lennon direbbe che sei più famoso di Gesù.
Nel corso di questi mesi si è discusso molto tra compagni di questo argomento, e diciamo che le posizioni a riguardo erano (o forse ancora sono) due sostanzialmente: chi sostiene che debba essere cancellato per i prigionieri politici come te o la compagna Nadia Lioce, e chi ne vorrebbe l’abolizione totale. Sino allo scorso 18 febbraio posso dire che appoggiavo la prima delle due, dopodiché la partecipazione ad una assemblea tenutasi quel giorno mi ha fatto riflettere abbastanza tanto da mutare quello che credevo essere la cosa giusta. Dopotutto il confronto di opinioni e l’evoluzione del pensiero è caratteristica dell’essere umano.
Quel giorno è stato bello ascoltare l’esperienza di vari compagni che sono passati attraverso la disumanità del carcere e sentire quanto matura sia diventata la loro mente. Quando chiesi ad uno di loro (o meglio: di noi) il motivo per il quale noi avremmo dovuto lottare per l’abolizione totale di questo regime carcerario e non solo per i compagni, si è aperta una discussione che è andata al di là dell’assemblea stessa per proseguire anche durante la pausa pranzo. Di tutto quello che è stato detto la cosa più importante per me, quello che davvero mi ha spinto a cambiare idea, è stato sentir dire che uno Stato nel momento in cui dispone di uno strumento repressivo lo utilizzerà per certo per reprimere il dissenso, come oggigiorno avviene in quegli Stati dove vige la pena di morte la quale viene (ab)usata per sopprimere le proteste, e che siano gli “oscurantisti” Stati islamici o i “democratici e difensori della libertà” Stati Uniti poco cambia.
Ovviamente il nostro Stato, non potendo usufruire di tale disumana crudeltà in quanto abolita, agisce per vie traverse ma crudeli in egual misura, misura che viene affiancata di volta in volta da nuovi strumenti repressivi, come i decreti sicurezza di salviniana memoria oppure il decreto anti-rave voluto dal ministro Piantedosi non appena insediatosi al Viminale.
C’è da dire che i mezzi di comunicazione di massa quando necessario all’interesse dell’ordine costituito distorcono in modo subdolo la realtà dei fatti o, forse più spesso, ne omettono delle parti in maniera tale da far passare solo una parte di quanto accaduto, e così che allora si influenza il pensiero di massa per allinearlo a quello dominante; ciò per dirti che anche se il tuo nome è adesso conosciuto da tutti praticamente quello che ancora non è molto chiaro sono le tue azioni, ed anche quando lo sono restano nell’opinione comune solo reati fini a sé stessi senza una reale motivazione. È dura. È dura riuscire a contrastare la forza delle televisioni, pubbliche o private che siano, dell’editoria di regime ed anche del web dove a farla da padrone sono le big tech.
Noi cerchiamo di contrastare col volantinaggio, compagni più bravi di me con gli appelli nelle piazze e nelle strade, ma i mezzi che abbiamo a disposizione sono irrisori messi al confronto.
Adesso ti saluto Alfredo, e proprio come il titolo di quel film documentario su Joe Strummer (da premettere che ancora, ahimè, non l’ho visto) il futuro non è scritto, e dunque l’epilogo della tua storia, anzi Storia, non è ancora deciso.
Scusa per la brevità della lettera, però sono totalmente certo che dal momento in cui ti è stata sbloccata la posta hai iniziato a riceverne così tanta da volere che siano tutte così brevi!!!
Spero di avere un giorno l’opportunità di conoscerti personalmente, sino a quel giorno resistiamo e lottiamo.
Un compagno.