Intanto oggi 19 gennaio 2021 Alfredo è stato visitato in carcere dalla dottoressa di fiducia Angelica Milia: “Dopo 90 giorni di sciopero della fame Alfredo ha perso 40 kg, le condizioni sono stabili rispetto alla settimana scorsa, ma le riserve di grasso e zuccheri sono ormai esaurite”. “Siamo sull’orlo del precipizio – aggiunge – gli ho consigliato di camminare durante l’ora d’aria per quello che gli sarà possibile. In modo da recuperare un po’ di energia”
Sentiamo la stessa Angelica Milia ai microfoni di Radio Onda d’Urto. Ascolta o scarica
Alfredo Cospito, ha descritto così al suo avvocato Flavio Albertini Rossi la sua vita al 41 bis. “C’è una finestra nella cella di due metri e mezzo per tre metri e mezzo – racconta il suo legale all’Adnkronos – una finestra schermata dal plexiglass che non si apre quasi mai e che si affaccia, al di là delle sbarre, su un cubicolo interno circondato da muri di cemento alti metri e metri, schiacciati da una rete metallica a chiudere il quadrato di cielo. Cospito vive in quella cella da solo, come impone il regime carcerario al quale è sottoposto, ci passa 21 ore della sua vita. Le restanti tre le divide tra socialità, un colloquio di un’ora con gli altri 3 detenuti del suo gruppo di socialità, e due ore d’aria in quella sorta di cubicolo di cemento dal quale non può vedere un albero, una siepe, un fiore o un filo d’erba, un colore, solo sbarre e cemento“.
“Qual è la finalità di questo trattamento, il 41 bis non dovrebbe servire unicamente a recidere le comunicazioni con gli associati all’esterno del penitenziario? Rappresenta una punizione aggiuntiva oppure il tentativo di indurre il detenuto a fare ciò che volontariamente non farebbe mai? – chiede allora l’avvocato dell’anarchico – Perché rinchiudere queste persone esclusivamente in istituti penitenziari che si trovano su isole, costringendo i parenti a raggiungerli con viaggi-odissee per parlarci una sola ora al mese attraverso un vetro con il citofono? Perché consentirgli una sola telefonata al mese, chiaramente registrata, in alternativa al colloquio visivo, e per soli 10 minuti? Perché – incalza – non consentirgli di sentire e vedere i familiari con maggiore frequenza, quale scopo persegue questa disciplina?”. “Cos’è il 41 bis? Una micro sezione dove si è costretti a vegetare in cella 21 ore al giorno, altro che rieducazione ed articolo 27 della Costituzione. No, Cospito non ha una vocazione suicida, non vuole morire, ha tanta voglia di vivere – dice ancora l’avvocato Albertini Rossi all’Adnkronos – ma vorrebbe farlo degnamente. Solo 204 detenuti su 750 sono condannati all’ergastolo, ciò vuol dire che moltissimi di loro transitano dal 41 bis alla libertà. Ha senso tutto questo? Per i detenuti nemmeno il conforto dei libri, la merce più rara per quanti si trovano al 41 bis: o non li autorizzano, come avvenuto con quelli scritti dalla Cartabia o da Manconi solo per citarne alcuni, o, quando permessi, sono consegnati al con estremo ritardo. La biblioteca di reparto, poi, è composta di soli 170 testi, per lo più puerili e infantili“.
Parlare di carcere e repressione non è mai facile. In particolare quando si attacca il regime 41 bis in quanto strumento di tortura ci si imbatte nel muro di silenzio eretto attorno al moloch dell’antimafia, che dal 2015 ha accorpato anche l’antiterrorismo. Dobbiamo riconoscere allo sciopero della fame di Alfredo, ai prigionieri che lo hanno sostenuto e alla mobilitazione internazionale iniziata in seguito al suo trasferimento in 41bis la capacità di aver fatto crollare questo muro di silenzio.
Gli ultimi 20 anni hanno visto un aumento esponenziale delle strategie repressive contro qualsiasi forma di protesta. Da migliaia di misure di prevenzione distribuite a tappeto tra sfruttate e sfruttati alle decine e decine di indagini per associazione sovversiva. L’appiattimento culturale e l’erosione delle politiche sociali ha prodotto un contesto acritico e indifferente, humus perfetto per la proliferazione di politiche securitarie. Questa macchina repressiva è cresciuta a dismisura, arrivando oggi a potersi permettere di definire “strage politica” un’azione esplosiva avvenuta in piena notte che non ha causato morti, o a condannare a 28 anni in primo grado un nostro compagno anarchico, Juan, accusato di un’azione simile. L’onda generata dal coraggioso gesto di Alfredo ci impone di provare a porre un freno a questa macchina. Dobbiamo e possiamo, ognuno con le proprie capacità, aprire delle crepe all’interno della narrazione giustizialista dominante.
Il carcere non è riformabile neanche quando parliamo dei singoli aspetti di un regime di tortura come il 41 bis.
Ogni dichiarazione di questi ultimi giorni, a seguito dell’arresto di Messina Denaro, dimostra quanto il regime democratico tenga ai suoi strumenti di tortura: la beatificazione dello stragista Dalla Chiesa, il valore del 41 bis per piegare i nemici pubblici, l’utilità dell’ergastolo ostativo per mettere in sicurezza la popolazione.
Con uno scossone oggi ogni attore è tornato al suo posto dimostrando che ogni revisione riformista si autoannulla.
Per questo è importante che le rivendicazioni di Alfredo contro il 41 bis e l’ergastolo non vengano personalizzate qui fuori, che non si parli di storture e che la critica sia radicale come quella che sta portando avanti lui con il suo sciopero della fame a oltranza.
Alfredo ha superato i 90 giorni di sciopero della fame, noi dobbiamo aumentare e dare maggiore forza alle mobilitazioni in corso.
Vorremmo che la presenza sotto al Ministero di giustizia servisse a questo: ad amplificare ulteriormente le rivendicazioni di Alfredo, ad aumentare la pressione nei confronti di coloro che hanno il potere decisionale.
Perché non permettere l’assassinio di Alfredo vuol dire muovere un piccolo passo verso una società che finalmente riesca a fare a meno delle galere.
Compagne e compagni