Alfredo Cospito è all’90° giorno di sciopero della fame contro il regime di 41 bis in cui lo hanno sepolto per criminalizzare le sue idee, annichilire la sua dignità, per sopprimere ogni speranza rivoluzionaria.
La decisione coraggiosa ed estrema di Alfredo stava rompendo, di fatto, il silenzio colpevole e ipocrita sulla vendetta di questo Stato borghese attraverso la tortura del 41bis e la norma, oltretutto incostituzionale, che sancisce l’ergastolo ostativo.
In questo momento storico l’arresto consenziente di Matteo Messina Denaro, dopo 30 anni di latitanza e a 600 mt dalla sede della Direzione Investigativa Antimafia, suona esattamente come un arresto programmato, “un regalino al nuovo governo” della “borghesia mafiosa”, necessario ad un’altra operazione, quella della distrazione di massa dai problemi con i quali il proletariato e le masse popolari hanno a che fare ogni giorno (dalla disoccupazione, al carovita, alle ricadute della partecipazione dell’Italia alla guerra e a quelle della finanziaria che ruba ai poveri per dare ai ricchi) e quella di interrompere in un lampo il dibattito che si era aperto, anche nella cosidetta società civile, sul carattere inquisitorio del 41 bis.
Ecco perché è importante continuare a parlarne, non soltanto dal punto di vista dei diritti umani, ma dal punto di vista di classe.
Perché guerra di classe è anche il riconoscimento, diretto o indiretto, da parte dell’ultimo padrino con la coppola e con poche aspettative di vita, di questo stato borghese e di questo governo fascio-ngranghetista. Governo che con la sua propaganda trionfalistica sull’arresto di Messina Denaro cerca di nascondere la natura stragista e guerrafondaia di questo barbaro sistema capitalista per soffocare la resistenza dei prigionieri politici ed accentuare la repressione che già subiscono proletari e masse popolari in un’ottica controrivoluzionaria.
Stato borghese e mafia non sono altro che 2 facce della stessa medaglia. Con la borghesia imperialista vivono in simbiosi, l’uno è l’espressione “legale”, l’altra quella “illegale” del capitale. Fanno finta di farsi la guerra, ma l’unica guerra che fanno è ai proletari e alle masse impoverite.
Dall’Unità d’Italia agli anni ’60 del secolo scorso in Sicilia, sono oltre settanta i sindacalisti uccisi per le battaglie in difesa dei contadini. E insieme a loro, in molte stragi, anche donne e bambini. La repressione mafiosa del movimento contadino ha sempre goduto dell’appoggio aperto dello Stato. Portella della Ginestra portò a un governo di destra in Sicilia e su di essa vige ancora il segreto di Stato a coprire gli interessi convergenti di mafia, politica, borghesia imperialista, servizi segreti.
Matteo Messina Denaro è certo un assassino senza scrupoli, ma è solo il simbolo ormai di una vecchia mafia, “sacrificato” dallo stato e dalla mafia finanziaria contemporanea, per tranquillizzare l’opinione pubblica, allargare il consenso intorno al nuovo governo, continuare a fare profitti sulla pelle dei proletari e ridare una parvenza di legalità agli abomini repressivi contro i quali Alfredo Cospito sta lottando, al rischio reale, concreto e immediato della sua vita.
Ma il regalo avariato al governo della Meloni dell’ultimo padrino della mafia corleonese ha anche un forte valore ideologico, oltre che simbolico, e serve a rafforzare l’immagine di uno stato moderno fascista, che dopo 40 anni ancora tiene in carcere detenuti e detenute politiche che provengono dalle esperienze rivoluzionarie degli anni 70.
Uno stato che dal 2005 (3° governo Berlusconi) tiene in 41 bis 3 prigionieri politici delle BR-PCC.
Uno stato che adesso si arma di “decreti anti-rave” per colpire ogni forma di dissenso da parte delle realtà sociali in sofferenza, i giovani, gli studenti, i centri sociali, i lavoratori in lotta, e che reagisce con pene esemplari per un po’ di vernice sul senato da parte di gruppi ambientalisti.
Uno stato sempre attento a coprire le sue stragi, da quelle alle stazioni alle stragi sul lavoro, dalle morti da inquinamento alle morti in mare, dai massacri nelle carceri ai pestaggi nelle piazze.
Per tutto questo continuiamo ad esprimere vicinanza e solidarietà ad Alfredo, perché la lotta di Alfredo è una lotta fino all’ultimo respiro contro questa profonda e feroce ingiustizia di classe e non si scambia, né con lo Stato, né con la Mafia.
FUORI ALFREDO, NADIA, MARCO, ROBERTO DAL 41 BIS!
LIBERTA’ PER TUTTI I PRIGIONIERI RIVOLUZIONARI!
Da Il Dubbio
Cospito: “Sono pronto a morire contro la barbarie del 41bis”
Non si arresta lo sciopero della fame,iniziato il 20 ottobre, contro il 41bis da parte di Alfredo Cospito. Il suo legale Flavio Rossi Albertini, oggi gli ha fatto visita: “Cospito continua a dimagrire oltrepassando il punto critico della sua protesta. Il ministero continua a serbare un incomprensibile silenzio sull’istanza di revoca inviata dalla difesa»
«Oggi ho visto Alfredo Cospito nel carcere di Bancali, l’ho trovato profondamente dimagrito, ha perso 40 kg passando dai 118 del 20 ottobre scorso agli attuali 78 kg». Lo dice l’avvocato Flavio Rossi Albertini, difensore dell’anarchico al 41bis giunto a tre mesi di digiuno per protestare contro il regime di carcere duro al quale è sottoposto.
Il legale è andato a trovarlo nel carcere di Sassari, dove Cospito è attualmente detenuto, ed è lui stesso ad affermare che il suo sciopero della fame continuerà ad oltranza. «Continua ad affermare che non arresterà la sua protesta – spiega il legale – se non con la revoca del 41bis a cui è sottoposto, consapevole del significato che questa affermazione può rappresentare. Precisa che la vita al 41 bis non è vita e che se tale deve essere tanto vale sacrificarla in una lotta contro la barbarie».
Per il suo difensore «Cospito continua a dimagrire superando, oltrepassando, il punto critico della sua protesta, condotto con e sopra il suo corpo e la sua salute, il ministero continua a serbare un incomprensibile silenzio sull’istanza di revoca inviata dalla difesa. Eppure era stato lo stesso ministro a lamentare in una nota l’assenza di un suo formale coinvolgimento. Ciò detto, anche qualora la decisione ministeriale fosse negativa – spiega Rossi Albertini – Cospito e tutti coloro che si sono mobilitati in questi mesi a sostegno del suo sciopero della fame, hanno il diritto di sapere per quali ragioni l’anarchico debba essere condannato ad espiare la sua pena nel regime detentivo speciale. Non vorremmo che, come spesso avviene, il ministero attendesse lo spirare dei 30 giorni dalla presentazione dell’istanza e quindi omettesse qualsiasi esplicita decisione trincerandosi in un silenzio-diniego privo di motivazioni, di ragioni, di senso dell’umanità».
Nei giorni scorsi infatti il difensore ha presentato un’istanza al ministro della Giustizia per chiedere la revoca del carcere duro fondata sulle motivazioni di una sentenza depositata successivamente alla decisione del tribunale di Sorveglianza di Roma che aveva respinto un reclamo di Rossi Albertini.
Intanto la Cassazione dovrà fissare una data per trattare il ricorso presentato dopo la decisione della Sorveglianza. Il 9 gennaio all’attenzione dei Supremi giudici è arrivato l’incartamento con gli atti del tribunale di piazzale Clodio. Nel motivare il “no” all’istanza, i giudici capitolini sostengono che l’anarchico debba restare in regime di 41 bis perché possa continuare ad esercitare “il suo ruolo apicale” nella Fai (Federazione anarchica informale) anche dal carcere. In questo ambito la dotazione ordinaria anche “in regime di alta sicurezza, non consente di contrastare adeguatamente l’elevato rischio di comportamenti orientati all’esercizio” del suo ruolo all’interno dell’associazione di appartenenza. Per i magistrati le comunicazioni di Cospito “con le realtà anarchiche all’esterno del circuito carcerario appaiono assidue e producono l’effetto di contribuire ad identificare obiettivi strategici e a stimolare azioni dirette di attacco alle istituzioni”.
La Corte di Assise di appello di Torino, davanti ai quali si celebra il processo contro Cospito e la compagna Anna Beniamino accusati di strage politica per aver piazzato nel 2006 due ordigni nelle vicinanze della caserma degli allievi carabinieri di Fossano, in provincia di Cuneo, hanno accolto una richiesta dei legali dell’uomo, sollevando una questione di legittimità costituzionale. Gli atti sono stati trasmessi alla Consulta, di cui si attende la pronuncia.