Idranti e cariche contro i manifestanti che hanno forzato il blocco della celere e si stavano dirigendo verso la Basilica del Santo. Un fermo, diversi feriti.
Pioggia battente e freddo: l’arrivo del presidente brasiliano Jair Bolsonaro coincide con una brusca virata metereologica verso l’autunno inoltrato. Nonostante questo tantissime persone hanno risposto all’appello lanciato dal Cso Pedro, Adl Cobas e altre realtà cittadine in Prato della Valle. Un appello che conteneva un messaggio chiaro: la presenza di Bolsonaro è un insulto alla città e le persone che scendono in piazza lo faranno per bloccarne l’arrivo. Anche il titolo della manifestazione, riportato nel grande striscione d’apertura, non lascia dubbi: “Fora Bolsonaro!”, che si rifà alle contestazioni che il presidente sta ricevendo in patria, ma anche a un’espressione dialettale veneta inequivocabile.
Scene di guerriglia nel centro cittadino: manganelli e idranti contro il corteo che era deciso a raggiungere la basilica di Sant’Antonio per dire a Bolsonaro che a Padova non c’è spazio per le sue posizioni omofobe, fasciste e razziste, e che è stato immediatamente bloccato da una carica e, subito dopo, dall’idrante. Di fronte alla presenza di un capo di stato come Bolsonaro, lo stato italiano si è schierato a difesa di posizioni fasciste reprimendo il dissenso della città. Nel corso delle cariche, una ragazza è stata fermata, per poi essere liberata in serata.
L’evento che ieri, 1 novembre, ha visto scendere in piazza tante realtà cittadine, ha avuto una portata tale da attirare nutrite delegazioni da tutto il Nord-Est e anche da altre parti d’Italia. Bolsonaro rappresenta così bene la sintesi del “male contemporaneo” che la sua presenza offre l’occasione per portare in piazza le tante tematiche su cui i movimenti sociali lavorano da anni. Nei suoi quasi tre anni di presidenza si è contraddistinto per aver demolito qualsiasi (timido) avanzamento nel campo dei diritti civili e sociali che c’era stato in Brasile; per aver bloccato la restituzione delle terre alle popolazioni indigene; per aver condotto una guerra di bassa intensità contro indigeni, femministe, attivisti sociali; per aver favorito l’aumento della violenza estrattivista in tutto in Paese, in particolare in Amazzonia. E poi la gestione negazionista e criminale della pandemia, per la quale è stato accusato di crimini contro l’umanità da una commissione d’inchiesta parlamentare che si è appellata all’ONU: il Paese sudamericano è secondo al mondo per numero di morti da Covid (oltre 600 mila), che si sono concentrati nelle fasce più povere e razzializzate della popolazione.
Per tutte queste ragioni sono tante le voci che si sono alzate dalla piazza padovana. A partire da Lisa del Cso Pedro che aprendo la giornata di mobilitazione di oggi ha ribadito come «l’odio, l’omofobia e il negazionismo non debbano avere spazio».
Mattias di Rise Up 4 Climate Justice, neonato movimento climatico che venerdì scorso è stata protagonista di un’iniziativa proprio ad Anguillara, ha sottolineato come «i territori sono devastati a causa di persone come Bolsonaro. In Amazzania si sta deforestando l’ultimo polmone verde del mondo per dare terreni alle multinazionali, cacciando le popolazioni indigene».
Melania di Non Una di Meno Treviso ha voluto ricordare Marielle Franco, attivista nera indigena, ammazzata da Bolsonaro, primo mandante politico, e continua «questa città si opporrà all’arrivo di un fascista, omofobo machista e la marea transfemminista si opporrà. Sono i nostri corpi in lotta che rendono le città sicure».
Interviene anche un professore italiano che lavora in Brasile, proprio ai piedi dell’Amazzonia e dice «come italiano mi vergogno perché io l’Amazzonia l’ho vista bruciare, ho visto l’oppressione in Brasile, la pandemia, l’omicidio di Marielle Franco che oggi è con noi in questa piazza. Vi ringrazio per essere qui».
Ilaria del Cso Pedro, a proposito di intersezionalità delle lotte, rilancia il world vegan day, «le specie amazzoniche sono state decimate negli ultimi anni anche per colpa del consumo dei corpi degli animali da macello. Dalla pandemia di Covid-19 l’Amazzonia brasiliana continua a bruciare e la deforestazione batte nuovi record. Nel primo semestre del 2020 sono stati occupati 3.000 ettari di foresta, un aumento del 25% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso».
Francesco di Open Your Borders, ribadisce «siamo qui oggi per un motivo molto semplice, impedire a Bolsonaro di entrare a Padova. Siamo qui oggi perché Padova è sempre stata una città accogliente ma con anticorpi al razzismo ben allenati. Per questo motivo siamo qui oggi a mettere in gioco i nostri corpi. Bolsonaro rappresenta quindi la visione del mondo elitaria, classista, razzista a cui noi ci opponiamo fermamente, come ha anche dimostrato con i suoi ripetuti attacchi ai popoli indigeni».
Dopo le cariche, la manifestazione si mossa nelle vie del centro per chiedere la liberazione della manifestante fermata: «Padova ha dimostrato in maniera inequivocabile di saper tener testa a chi fa del razzismo, del sessismo e del negazionismo climatico il proprio manifesto politico. “Fora Bolsonaro!” non è stato solo uno slogan, ma il grido di una città degna che ha voluto dimostrare tutto il suo sdegno contro uno dei peggiori criminali del nostro tempo».