Giustizia di classe. Ovvero continua la santa inquisizione contro chi lotta

Solidarietà a Giovanni Ceraolo militante di tante cose ma di cui ricordiamo in particolare la sua battaglia contro le navi della morte al fianco dei portuali

il comunicato del CALP

Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali

MORALE OPERAIA.
Giovanni Ceraolo È UN SINDACALISTA USB DI LIVORNO CONDANNATO A DUE ANNI E SEI MESI DI CARCERE COME RESPONSABILE “MORALE” DELLE MANIFESTAZIONI CHE SI TENNERO NOVE ANNI FA NELLA SUA CITTÀ CONTRO LE VIOLENZE POLIZIESCHE.
LA SUA UNICA COLPA È QUELLA DI AVERE UNA MORALE: DI PENSARE CHE È GIUSTO STARE DALLE PARTE DEGLI SFRUTTATI e DELL’ANTIFASCISMO.

Noi stiamo con Giovanni, con la sua morale operaia, siamo suoi complici.
P.S. sosteniamo le ingenti spese legali tramite bonifico: IBAN- IT67J0308301610000000018331

N.Conto-00018331

Intestatario- CANESSA GABRIELE

Banca- UBI Banca Private Investment

 da PaP

Giovanni Ceraolo è un amico ed un compagno di Livorno, attivista sindacale della USB e militante di Potere al Popolo. Giovanni è stato condannato in via definitiva a due anni e mezzo di pene detentive e a 84.000 euro di multa, assieme ad altri compagni, per una manifestazione del 2012 di contestazione a Bersani, al governo Monti e alle politiche di austerità. La polizia, guidata dallo stesso funzionario che poi, a Roma, fu ripreso mentre chiedeva di spezzare le braccia agli sfrattati, reagì con la violenza di cuiè capace quando si sente particolarmente protetta e impunita dal potere. Giovanni ora è stato condannato come “mandante morale” di quelle manifestazioni, cioè per nessun atto specifico, ma per una accusa e una rappresaglia politica di diretta derivazione dai codici fascisti, mai davvero soppressi nella nostra sempre più finta democrazia.

 LIVORNO NON SI PIEGA

Sono passati quasi 9 anni da quando il 30 novembre, 1 e 2 dicembre 2012 la città di Livorno visse tre giorni di vera e propria “follia”.

Tre giorni di provocazioni e violente cariche da parte della Polizia in assetto antisommossa con diversi feriti. Tutto iniziò da una semplice contestazione pacifica durante un comizio del Partito Democratico alla stazione marittima il 30 novembre. In quell’occasione ci furono diverse cariche a freddo contro i manifestanti. Il giorno successivo, 1 dicembre, manifestando con un presidio itinerante nel centro della città, varie realtà politiche sociali e sindacali denunciarono le cariche della sera prima, con interventi al megafono. Al termine del presidio, proprio mentre al megafono veniva annunciata la conclusione della manifestazione, i funzionari della questura fecero schierare polizia e carabinieri in assetto antisommossa. Dopo aver minacciato i manifestanti venne ordinata senza alcun preavviso una carica illegittima e indiscriminata che attraversò metà piazza, colpendo ripetutamente anche con le radio tutte le persone che si trovavano là, una violenza in cui si trovarono coinvolte anche passanti e persone che si erano fermate ad ascoltare gli interventi. Questa grave prepotenza della polizia, in una delle principali piazza del centro, nel pieno del passeggio del sabato, provocò fin da subito una grande indignazione in città. E molte persone già dopo la carica si fermarono per esprimere il proprio sostegno ai manifestanti. Per il giorno successivo, domenica 2 dicembre fu immediatamente convocato un altro appuntamento in Piazza Cavour. Un presidio che si trasformò presto in una grande manifestazione di massa. La risposta della città per impedire il susseguirsi di altre violenze. Una manifestazione che dimostrò, ancora una volta, come questa città non sia disposta ad accettare le prepotenze di chi vuole impedire con la violenza la libertà di espressione e di manifestazione, di chi in quella occasione fece di tutto per provocare disordini così come durante il cosiddetto “assalto alla Prefettura”.

Per quei fatti oltre 20 attivisti e attiviste andarono a processo. Individuati “chirurgicamente” tra gli appartenenti a strutture politiche e sindacali e accusati anche di responsabilità morale. A distanza di 9 anni si sono conclusi i tre gradi di giudizio e le condanne sono diventate definitive. La stessa giustizia che assolve gli assassini della strage di Viareggio così come i responsabili di centinaia di omicidi sul lavoro ma che non ha scrupoli a colpire attivisti*e sindacalist* da anni impegnati in lotte sociali a fianco di migliaia di cittadini e lavoratori in difficoltà. Alcuni di loro giovanissimi all’epoca dei fatti. Le condanne comminate sono molto pesanti. La Cassazione, confermando una prassi ormai consolidata in questi e in altri casi, ha deciso il 24 giugno scorso di considerare inammissibile in ricorso presentato dagli avvocati. Tutto ciò nonostante vi fossero gravi irregolarità procedurali nella sentenza di appello. 5 attivisti rischiano materialmente il carcere nei prossimi mesi. Tra risarcimenti e ammende in 20 dovranno pagare quasi centomila euro. Ad uno degli imputati è già stato notificato il pignoramento della prima casa. Consideriamo questa sentenza un fatto gravissimo. Una sentenza politica per punire chi ha affermato la libertà di manifestazione. Una vendetta inutile, che non è riuscita a bloccare le lotte sociali e il radicamento nel tessuto cittadino di chi con la propria attività ha costruito e continua a costruire una reale opposizione sociale, a fianco di tutte le lavoratrici, i lavoratori,i soggetti in difficoltà, contro la marginalizzazione e lo sfruttamento, contro il saccheggio del territorio. Proprio per sostenere questo impegno costante, che non si è mai fermato né con la repressione ne’ con la pandemia, c’è bisogno di solidarietà. Per questo chiediamo di sostenere anche economicamente, oltre che politicamente, le compagne e i compagni colpiti dalla repressione attraverso un contributo di sostegno alle ingenti spese legali. Perché ora come allora: Livorno non si piega! Potete farlo a questo link https://www.gofundme.com/f/effetto-refugio…