7 luglio 2021, sono stati condannati in primo grado gli antifascisti che l’8 novembre 2014 si opposero all’ennesimo atto di sciacallaggio sugli ultimi da parte di Salvini, Borgonzoni e Lega al campo sinti di via Erbosa.
Il giudice bolognese ha ritenuto gli attivisti responsabili a vario titolo di reati quali violenza privata, lesioni e danneggiamento. Il Tribunale ha pertanto deciso di condannarli a pene tra i quattro mesi e un anno e sei mesi di reclusione.
Pene che, anche se ridimensionate rispetto a quelle chieste dalla procura (che aveva chiesto pene comprese tra uno e due anni), risultano titaniche rispetto alle dinamiche della giornata e alle forme della protesta come verificabile nei vari video della giornata.
Peraltro, la Lega, Matteo Salvini , Lucia Bergonzoni e Alan Fabbri si erano costituiti parte civile per cogliere l’occasione e “fare cassa”. Non si spiegano altrimenti le richieste di risarcimenti danni esorbitanti superiori a 200 mila euro. Il giudice ridimensionando la richiesta ha comunque condannato gli antifascisti, in aggiunta alla pene della reclusione, ad un del tutto immotivato risarcimento danni nei confronti della Lega pari a 50 mila euro.
Non possiamo non ritenere come la mediatizzazione dell’evento e la rilevanza della parte civile costituita da Lega, Matteo Salvini, Lucia Bergonzoni e Alan Fabbri abbia determinato il particolare accanimento verso gli imputati dimostrato dalla sentenza.
Quest’ennesimo episodio di repressione nei confronti degli antifascisti conferma come palese il modello politico autoritario di società in cui i diritti di proprietà e quelli di impresa prevalgono brutalmente sui diritti costituzionali all’abitare, al lavoro, alla salute, alla dignità, colpendo preventivamente e repressivamente chi ritiene che l’ordine di tali priorità vada rovesciato e quindi oppone resistenza.
Dopo anni in cui Salvini e i suoi soci hanno provato a cavalcare la rabbia delle vittime della crisi indirizzandola in senso reazionario, oggi si trovano in una situazione di perdita di credibilità, avendo infatti calato la maschera partecipando al governo di Draghi. Si pone quindi per noi l’occasione e la necessità di riaffermare con forza le ragioni che avevamo allora per dare voce alle fasce popolari escluse dal sistema, anche a fronte della gravissima crisi sanitaria e socio-economica innescata dalla pandemia di covid-19.
Contestare il neofascismo, il razzismo e le discriminazioni tutte, è diritto e dovere di ogni libero cittadino e questa condanna non ci farà fare nessun passo indietro.