Invece di allontanare subito i torturatori, allontanano i torturati, che così avranno ancora più difficoltà a intrattenere i colloqui con i loro familiari.
Secondo Saviano “a non essere pestato sono stati i detenuti camorristi e i colletti bianchi della camorra e della politica” e poi aggiunge: “Ma chiediamoci quale sia il risultato di quel pestaggio. Questo: ogni detenuto sa che deve essere protetto, ogni detenuto da domani cercherà di affiliarsi, si metterà in fila per entrare in un’organizzazione criminale. Da domani borseggiatori diventeranno killer, piccoli spacciatori soldati al servizio dei cartelli, da domani chi entra in carcere sa che non lo difenderà il diritto,”
La realtà è ben diversa, non per mettere in dubbio la prima affermazione di Saviano, ma la domanda e la risposta che ad essa offre. Perché da tempo i proletari detenuti sanno che non li difenderà il diritto borghese, che aggiunge tortura (i pestaggi) a tortura (i trasferimenti); perché ora l’infame carcere di Santa Maria Capua Vetere è ancora nell’occhio del ciclone, mentre invece la dispersione dei detenuti in altre carceri, ancor di più infami non può che togliere forza ai detenuti (Modena insegna); perché basta la prima affermazione a togliere ogni dubbio sulla regia del pestaggio e degli odierni trasferimenti. Chi aveva interesse a pestare i proletari prigionieri ha oggi interesse ad allontanarli e non per timore che si affilino alla mafia o alla camorra, che tanto è protetta dallo stato, ma per smorzarne sempre di più la voce, una voce che non ha ceduto prima ai ricatti “illegali” del potere mafioso e potrebbe cedere adesso a quello “legale” dello stato. Quindi si domandi Saviano il perché di tali trasferimenti, si interroghi sulla differenza che passa tra 77 mele marce, solo a Caserta, e il meleto marcio in tutta Italia. Quale sarebbe lo “Stato di diritto” sig. Saviano? Quale la differenza tra questo e la mafia?
Ieri comunque si è tenuto intanto un presidio davanti al carcere, dove è detenuta anche la compagna anarchica Natascia Savio, ed altri striscioni sono stati appesi contro la violenza del sistema carcerario. Di seguito un report su radio onda rossa:
Pestaggio nel carcere, trasferiti circa 30 detenuti vittime di violenze
Circa 30 detenuti del Reparto Nilo del carcere di Santa Maria Capua Vetere ( Caserta), dove il 6 aprile 2020 avvennero violenti pestaggi di reclusi da parte della Polizia Penitenziaria, sono stati trasferiti in altre carceri campane come Carinola ( Caserta) e Ariano Irpino (Avellino) e in istituti di altre regioni, come quelli di Modena, Civitavecchia, Perugia. La decisione è stata presa dal Dap d’intesa con la Procura della Repubblica di Santa Maria Capua Vetere; si tratta di detenuti vittime delle violenze ma non tutti hanno però denunciato.
«Ci chiesero di ritirare le denunce»
I detenuti che si atteggiano a moralisti. Dove si era mai visto prima? Il massacro nel reparto «Nilo» nel carcere di Santa Maria Capua Vetere nei confronti dei reclusi doveva restare segreto. Da una parte i buoni, dall’altra i cattivi. I capi non potevano restare ancorati alle scrivanie mentre i quotidiani riportavano, ogni giorno, particolari sulle violenze del 6 aprile 2020. Erano ore, momenti frenetici. Di sicuro partì un ordine:…
Sospesi altri 25 agenti
La decisione sul trasferimento fa il paio con quella di sospendere 25 agenti che non erano stati attinti da misura cautelare, pur essendo indagati, e che sono rimasti a lavoro nel carcere casertano a contatto con detenuti vittime dei pestaggi dell’aprile 2020. «Per un anno denuncianti e denunciati sono stati faccia a faccia – dice la garante dei detenuti di Caserta Emanuela Belcuore – e ora si prende questa decisione nel momento in cui gli agenti coinvolti nei pestaggi stanno quasi tutti al carcere, ai domiciliari o sono stati sospesi. Ora non ha più senso, anzi avrebbe avuto senso spostare gli agenti. Ho capito che questa cosa è stata fatta per tutelare i detenuti, ma è un danno oggettivo per i loro familiari, che non possono più incontrare i propri congiunti in carcere e devono sobbarcarsi spese enormi e lunghi viaggi».
«Peraltro gli agenti del carcere di Santa Maria Capua Vetere sono sotto organico per cui i familiari hanno difficoltà a prenotare i colloqui» conclude la Belcuore. Garanti dei detenuti che sono stati fondamentali per l’avvio delle indagini: fu un detenuto a postare una foto su facebook delle lesioni patite subito dopo il 6 aprile, quindi il Garante regionale Samuele Ciambriello, grazie ai social e alla segnalazioni ricevute dai familiari dei detenuti, inviò già l’otto aprile, due giorno dopo le violenze, la prima denuncia alla Procura di Santa Maria Capua Vetere.
Un nuovo striscione contro gli agenti
Un altro striscione ed un nuovo manifesto contro la Polizia Penitenziaria, questa volta a Cagliari, dopo quello trovato a Roma l’altro ieri. Ritrovamenti che si stanno facendo più frequenti dopo le notizie sulle violenze ai danni dei detenuti avvenute nel carcere casertano di Santa Maria Capua Vetere il 6 aprile 2020. Sul manifesto, affisso su una delle colonne del porticato di via Roma, tra l’altro, si legge: “Non lasciamo soli i detenuti…isoliamo le guardie” ed è firmato con una frase che sembra sarda: “kontra is presonis mishunu est solu”. “Le guardie carcerarie, chiamate anche ‘secondini’, – esordisce il testo del manifesto – sono uomini e donne comuni che abitano in mezzo a noi. Ciò che li contraddistingue è la scelta che hanno fatto nella vita: la scelta di chiudere a chiave altre persone per uno stipendio mensile. Ogni tanto viene fuori la notizia che queste guardie pestano e torturano i detenuti – continua il manifesto – il caso di Santa Maria Capua Vetere è solo uno dei pochi… parlano di mele marce… ad essere marcio è il sistema carcerario…la divisa che indossano gli conferisce il potere di reprimere… per strada, nel palazzo di casa al bar… isoliamo le guardie”. Sullo striscione, invece, trovato nel quartiere San Michele, si legge: “Da S. Maria Capua Vetere a Uta. Non esistono mele marce. Il carcere è una tortura”.