Da Contropiano
Tre anni dopo i fatti, il giudice istruttore incaricato del caso Théo ha concluso le sue indagini preliminari e il processo dovrebbe iniziare nel 2021. Quattro agenti di polizia sono accusati di violenza volontaria aggravata e uno di loro per stupro. I membri delle forze dell’ordine in questione dovranno comparire in tribunale una volta che i procuratori avranno consegnato le loro requisizioni:
I fatti risalgono al 2 febbraio 2017. Théodore (Théo) Luhaka aveva 22 anni quando, a seguito di un controllo della polizia, fu pestato ed arrestato nel quartiere Roses-des-Vents di Aulnay-sous-Bois, nel dipartimento di Seine-Saint-Denis (banlieue nord parigina). Un episodio di violenza e brutalità da parte della polizia che aveva scatenato la rabbia sociale dei quartieri popolari della periferia parigina.
Uno dei problemi dell’indagine è stato quello di determinare se l’agente di polizia avesse commesso o meno uno stupro, sodomizzando Théo con un manganello. Nella sua versione dei fatti, il poliziotto accusato aveva spiegato di aver mirato alla coscia del giovane. Un racconto che già da subito non coincideva con quanto diagnosticato dai medici dell’ospedale, dove Théo fu portato dopo il suo arresto, i quali refertarono una lacerazione dell’ano di 10 cm e prescrissero 60 giorni di inabilità totale al lavoro.
I poliziotti responsabili furono sospesi pochi giorni dopo la diffusione pubblica del caso, ma reintegrati qualche mese dopo, ad eccezione del funzionario accusato di stupro. Una decisione che causò la rabbia della sorella di Théo, Eleonore Luhaka: “Come possiamo permettere che questa cosa vada avanti? Aspettiamo la giustizia noi e vedere che nessuno si indigni per quanto accaduto è la cosa che mi disgusta di più”.
Con l’esplosione dello scandalo, si mise prontamente in moto la macchina istituzionale e mediatica volta a nascondere sotto al tappeto la verità di una brutale violenza e a “scagionare” preventivamente i poliziotti dalle accuse di un atto disumano, facendo ricadere – come accade in questi episodi – la colpa sulla vittima e motivando l’uso della forza come “necessariamente indispensabile“.
Da un lato, l’Inspection Générale de la Police Nationale (IGPN), l’istituzione responsabile del controllo generale dei servizi e con funzione di ispettorato del personale della polizia, aveva escluso immediatamente – neanche una settimana dopo l’accaduto – l’ipotesi di “stupro intenzionale” sulla base delle immagini di videosorveglianza, affrettandosi a trasmettere il suo giudizio al giudice istruttore e quindi esercitando una pressione su un’inchiesta allora tutta da avviare.
Dall’altro, un ruolo significativo è stato svolto dal circolo mediatico asservito alla narrazione di comodo del “giovane nero ribelle e violento” contro gli agenti di polizia ed indirizzato alla delegittimazione delle accuse insistendo su “come si può parlare di stupro se nessuno gli ha neanche abbassato i pantaloni!“.
La pressione istituzionale e mediatica ebbe i suoi frutti. In un rapporto medico del febbraio 2018, si legge che l’arma ha colpito il bordo dell’ano senza penetrarlo e che quindi la qualifica di stupro può non essere riconosciuta. Inoltre, una seconda analisi ha spiegato che il colpo con la punta del manganello era conforme alle regole insegnate nelle accademie di polizia e giudicata “meno violenta” dei classici colpi di manganello.
“La qualifica di stupro può essere complicata da dimostrare”, ammette l’avvocato di Theo, Antoine Vey. “Ciò che conta sono gli atti e l’intenzionalità assolutamente indiscutibile della violenza. Non vogliamo che il dibattito sullo stupro metta in ombra la gravità dei fatti”, ha aggiunto.
Gli agenti di polizia sono poi accusati di “violenze che hanno causato un’infermità permanente”. Secondo la più recente perizia medica presentata al giudice istruttore il 21 agosto 2019, Théo conserverà per tutta la vita le conseguenze del suo arresto: il giovane soffre di sfintere lacerato e di incontinenza.
“Ci sono danni permanenti. Sono atti di violenza della polizia molto gravi”, sostiene l’avvocato che ha denunciato anche il danno psicologico: “Theo è stato ritratto come un delinquente ed è stato sottoposto ad insulti razzisti che sono inaccettabili e che lo hanno colpito duramente”.
Eppure gli agenti di polizia confutano l’idea di violenza volontaria aggravata. Secondo i funzionari, Théo avrebbe lottato durante il suo arresto, il che avrebbe portato all’uso della forza per fermarlo. “Quando dai 17 calci e colpi di manganello, o sei disturbato o ne hai l’intenzione. Si tratta di persone che sono addestrate ed istruite ad usare le armi senza ferire gravemente”, afferma l’avvocato Vey il quale è intenzionato a denunciare apertamente le violenze commesse dagli agenti di polizia.
Il processo avrà luogo sull’onda lunga delle mobilitazioni contro le violenze della polizia e del razzismo di Stato che stanno agitando la Francia dall’assassinio di George Floyd e alle quali si aggiungono le recenti inchieste sulla morte di Cédric Chouviat.