Al fianco di Laila Soueif e di tutte le donne in lotta contro la prigionia politica e la dittatura in Egitto. SRP

Riceviamo e pubblichiamo dalle compagne di Bologna un appello e una lettera di solidarietà con Laila Soueif, madre di Alaa Abd El Fattah e Sanaa Seif, entrambi rinchiusi nelle carceri di al-Sisi.

Dopo aver passato giorni e notti in presidio permanente davanti al carcere di massima sicurezza di Torah per avere notizie di suo figlio Alaa lì rinchiuso, ora Laila ha finalmente ricevuto una sua lettera. Ma durante il presidio, la sua figlia più piccola, Sanaa, è stata rapita da agenti in borghese e rinchiusa nel carcere femminile di al-Qanater al Cairo in detenzione preventiva con accuse assurde, come incitamento a crimini terroristici, diffusione di notizie false e uso improprio dei social media per incitare idee terroristiche.

Libertà per Alaa e Sanaa!

Libertà per tutte e tutti i prigionieri politici e di coscienza in Egitto e nel mondo intero!

SRP e MFPR Italia

Ciao a tutte,
riceviamo e diffondiamo l’appello di donne e madri in solidarietà di Laila Soueif e di tutte le donne e madri che si ritrovano a fronteggiare la detenzione delle proprie figlie e figli o persone care. E’ una chiamata per tutte noi.

In allegato c’è anche la lettera in varie lingue insieme all’immagine nelle varie lingue, è da far girare al più presto perchè sono nuovamente sotto al carcere oggi per ricevere la lettera.

Il giorno stabilito dovrebbe essere domani, ma se succede qualcosa oggi è da far girare subito.

potete anche dare il link della pagina fb free alaa.

https://www.facebook.com/freealaa2013/

o freeSanaa sempre su fb

https://www.facebook.com/Free-Sanaa-733604820009045/.

 

Ciao a tutte voi madri e donne,

In questi giorni in Egitto c’è stato un accanimento particolare nei confronti della famiglia di Alaa.

Alaa Abdel Fattah è un compagno che è stato in carcere per 5 anni dopo la rivoluzione del 2011, da settembre si trova nel carcere di massima sisurezza di Torah al Cairo, in carcere preventivo che può durare fino a due anni.

Da marzo dallo scoppio della pandemia i contatti con le persone detenute politicamente sono praticamente bloccati, come in Italia, ma in Egitto la ferocia del regime è ancora più brutale.

La madre di Alaa, Laila Soueif una compagna di lotta che ci insegna sempre la deteminazione, ha deciso di rimanere davanti al carcere in presidio finchè non avrebbe ricevuto una lettera scritta dal figlio per assicurarsi del suo stato di salute.

Quello che invece è successo è che è stata allontanata da davanti al carcere, ma lei era determinata a lottare è comunque rimasta nella zona adiacente.

Il giorno seguente Sanaa e Mona le figlie si sono aggiunte al presidio, sempre per ricevere una lettera da parte di Alaa, ma sono state picchiate durante la notte tra il 22/23 giugno e il giorno dopo sono andate nell’ufficio del procuratore generale per sporgere denuncia, ma Sanaa è stata rapita da guardie in borghese e ora si trova nel carcere femminile di al-Qanater al Cairo in detenzione preventiva che può durare fino a due anni di reclusione.

Come compagne abbiamo deciso anche per la salvaguardia di questa famiglia di fare una campagna di solidarietà per mettere in luce quello che sta succedendo e per dare la nostra massima solidarietà a Laila Soueif, la madre, che ora dovrà andare in due carceri differenti per sapere come stanno.

Vi giro una lettera da far girare sui social o ovunque voi vogliate che spiega in dettaglio tutto l’accaduto, sentitevi libere di scrivere quello che volete, ma quello che vi chiederemo è di farla circolare a un’orario e in un giorno in particolare perchè ci stiamo coordinando con varie madri dal mondo.

Anzi se avete contatti sentitevi libere di contattarle.

Un abbraccio a tutte


Amazora di femministe e lesbiche

Cara Laila Soueif,

anche se questa non è la lettera che aspetti pazientemente e con determinazione da tuo figlio, Alaa Abdelfattah prigioniero politico, è nostra intenzione come donne e madri da tutto il mondo unire le nostre voci alla tua, chiedendo i tuoi e i suoi diritti fondamentali in tempo di pandemia.

E’ tuo diritto ricevere la corrispondenza, essere rassicurata che stia bene e sulle sue condizioni di salute nonostante la detenzione.

Abbiamo seguito con molta rabbia, cosa è successo a te e alle tue figlie Sanaa e Mona tra il 22 e il 23 giugno, quando a gran voce dicevi: “Voglio una lettera”.

Siamo rimaste allibite di come lo Stato egiziano abbia risposto al tuo presidio pacifico fuori dal carcere, con un livello di violenza e brutalità inaudito, finendo con un pestaggio avvenuto davanti al carcere e infine con la detenzione di Sanaa in un processo farsa.

Ci rendiamo conto che lo Stato egiziano sta cercando di “sedare” la vostra lotta, usandovi come capro espiatorio per essere da esempio per le decine di migliaia di famiglie disperate, che non riescono ad avere notizie dei propri cari e inoltre sono minacciate dalla diffusione del Covid-19.

Sono dieci mila persone che si trovano nella vostra stessa condizione, a cui per tre mesi hanno negato ogni tipo di comunicazione in questo momento in cui si sta diffondendo maggiormente il Covid-19, mentre circolano notizie che sia arrivato all’interno delle carceri egiziane.

Ti siamo vicine. Solo una madre può stendere una coperta e passare notte e giorno in attesa, dormendo per strada fuori le mura del carcere, nonostante il caldo, la sporcizia attorno, rischiando la propria salute e inoltre di ricevere attacchi violenti da parte dello Stato.

In un periodo dove mantenere l’auto-isolamento è una prerogativa per la salute di tutti, ti sei ritrovata a dover rischiare per ricevere notizie di tuo figlio.

Là, davanti alle mura del carcere, era il posto che ti avvicinavava a lui, hai chiesto tutti i giorni con una calma sconcertante e fermezza, una lettera che eri sicura avesse già scritto.

Lui è preoccupato quanto tu lo sei per lui. E ora devi preoccuparti anche per Sanaa.

Immaginiamo anche che tu come altre dieci mila famiglie siate particolarmente preoccupate per i vostri figli dopo il devastante destino di Shady Habash, un giovane artista che è morto misteriosamente dopo il secondo anno di carcere preventivo.

Laila vediamo nella tua voce quella di migliaia di donne (madri, figlie, mogli ecc.) di persone detenute ingiustamente in Egitto e altrove. Siamo preoccupate per te dopo la violenza che hai subito e le lampanti violazioni dei diritti umani aggravate dall’imminente minaccia di pandemia.

Per la tua inculumità, e visto che non possiamo essere lì con te, uniamo le nostre voci alla tua, vogliamo una lettera di Alaa.

Inoltre siamo l’eco delle urla di Mona dopo il sequestro di sua sorella più piccola Sanaa, davanti la Procura Generale: “A chi dobbiamo rivolgerci noi egiziani quando i nostri diritti sono violati e le nostre vite messe a repentaglio? Dove, se anche davanti all’edificio del Procuratore Generale ci viene strappata la nostra libertà?

Sappiamo che niente ti fermerà. Come Sanaa ha detto durante l’interrogatorio prima della detenzione: “Possiamo fare a meno di tutto, ma non della famiglia!”.

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