Gli arresti a Bologna: vendetta di Stato e operazione “preventiva” per la solidarietà alle rivolte carcerarie anti-coronavirus e alle lotte dei migranti. Soccorso Rosso Proletario esprime massima solidarietà alle compagne e compagni arrestat*

Questa notte sette “compagni/e sono stati/e arrestati/e in esecuzione di un ordinanza del gip di Bologna per 270bis”, l’articolo del codice penale che prevede fino a dieci anni di reclusione per le associazioni con finalità di terrorismo o di eversione, e condotte/i nelle carceri di Piacenza, Alessandria, Ferrara e Vigevano. Ne dà notizia sul proprio profilo Facebook l’Associazione Bianca Guidetti Serra.
Si legge inoltre: “Sono state perquisite le abitazioni e il Tribolo”, lo Spazio di documentazione anarchico di via Donato Creti. Altri cinque “hanno ricevuto la misura dell’obbligo di dimora e firma a Bologna. Anche le loro abitazioni sono state perquisite”.

Sarebbero contestati a vario titolo, inoltre, i reati di istigazione a delinquere, danneggiamento, deturpamento e incendio.
Intanto, la Rete bolognese di iniziativa anticarceraria segnala: “Compagn* riferiscono che domenica scorsa c’é stata una presenza rapida con megafono e fuochi d’artificio sotto al carcere bolognese della Dozza. Presenza alla quale i detenuti hanno risposto facendosi sentire molto. Vale la pena ricordare che alla Dozza è morto un secondo detenuto di Covid-19″. Si chiamava Giovanni Marzoli, ha scritto la Rete in un precedente intervento: “Il 31 marzo era stato ricoverato una prima volta e poi dimesso con rientro in carcere dopo circa 10 giorni, nella ‘sezione Covid’, poiché risultato positivo al tampone. Il 18 aprile era stato nuovamente ricoverato al Sant’Orsola. Soffriva delle cosiddette ‘patologie pregresse’, aveva 67 anni. Entrato in carcere a febbraio ne esce morto”.
I/le compagn* arrestat* sono 7: Elena, Leo, Zipeppe, Stefi, Nicole, Guido e Duccio.
Sotto i loro nomi e indirizzi di destinazione delle carceri in cui li stanno portando.
A 5 compagne/i (Martino, Otta, Angelo, Emma e Tommi) è stato dato l’obbligo di dimora a Bologna con obbligo di firma quotidiana.
L’accusa di 270bis è per chi ha la misura cautelare in carcere. Gli altri reati contestati sono poi 414cp, 639, 635 e a una sola persona incendio (423cp), aggravati dalla finalità eversiva.
LIBERTÀ SUBITO PER LE COMPAGNE/I
Indirizzi a cui scrivere lettere e telegrammi:
Elena Riva e Nicole Savoia:
Str. Delle Novate, 65, 29122, Piacenza.
Duccio Cenni e Guido Paoletti:
Via Arginone, 327, 44122, Ferrara.
Giuseppe Caprioli e Leonardo Neri:
Strada Statale per Casale, 50/A, 15121, Alessandria.
Stefania Carolei:
Via Gravellona, 240, 27029, Vigevano, PV

 
L’operazione, ha fatto sapere la Procura, ha “una strategica valenza preventiva” per “evitare che in eventuali ulteriori momenti di tensione sociale causati dall’attuale situazione emergenziale” possano verificarsi “altri momenti di più generale ‘campagna di lotta antistato’”, considerato che le e gli indagate/i avrebbero partecipato “all’organizzazione di incontri riservati per offrire il proprio diretto sostegno alla campagna ‘anti-carceraria’”, ed è stata accertata “la loro partecipazione ai momenti di protesta” alla Dozza.

Sempre la Procura spiega che al centro dell’inchiesta, battezzata “Ritrovo”, c’è un attentato che avrebbe avuto luogo “nella notte tra il 15 ed il 16 dicembre 2018, ai danni di alcuni ponti ripetitori delle reti televisive nazionali e locali, di apparati di fonia dei ponti radio delle forze di Polizia e antenne di ditte che forniscono servizi di intercettazioni e di sorveglianza audio-video, tutti ubicati a Bologna in via Santa Liberata, località Monte Donato”, dove sarebbe stata trovata “la scritta, vergata su una parete della struttura, ‘Spegnere le antenne, risvegliare le coscienze solidali con gli anarchici detenuti e sorvegliati’”. Questo elemento avrebbe “fin da subito indirizzato le investigazioni nei confronti di vari esponenti dell’area anarchica attivi a Bologna ed orbitanti nell’alveo dello spazio di documentazione ‘Il Tribolo’”. Secondo i pm ci sarebbe “un’articolata trama di rapporti tra gli indagati e diversi gruppi affini, operanti in varie zone del territorio nazionale, incentrati sulla sistematica attività di istigazione a delinquere” svolta “anche avvalendosi di pubblicazioni su blog e siti d’area”, con l’obiettivo di “contrastare, anche ricorrendo alla violenza, le politiche in materia di immigrazione e, in generale, le istituzioni pubbliche ed economiche, con indicazione di obiettivi da colpire e le modalità di azione”. Gli/le indagate/i avrebbero inoltre participato “a momenti di protesta sfociati in atti di danneggiamento, deturpazione e imbrattamento di luoghi pubblici e privati nonché, in alcune circostanze, in scontri violenti con le Forze dell’ordine”.
Tra gli episodi contestati anche “l’organizzazione di manifestazioni pubbliche e cortei non autorizzati, con l’obiettivo di contrastare e impedire l’apertura dei Centri permanenti di rimpatrio”, poi “danneggiamenti di condomini ed edifici pubblici con scritte di carattere minatorio e offensivo nei confronti delle istituzioni e di sportelli bancomat di istituti di credito, ma anche “la realizzazione e diffusione, anche con l’uso di strumenti informatici, di opuscoli, articoli e volantini dal contenuto istigatorio, tesi ad aggregare nuovi proseliti impegnati nelle loro ‘campagne di lotta’”.