Riceviamo e pubblichiamo integralmente la dichiarazione di Anan Yaeesh del 26 febbraio

Riceviamo e pubblichiamo la dichiarazione spontanea di Anan durante l’ultima udienza all’Aquila, che lo ha rinviato a giudizio insieme ad altri due palestinesi. 

 

Anan Yaeesh – dichiarazione spontanea ex art 421 cpp

Desidero iniziare con i miei saluti alla Corte e a tutti i presenti.

Esiste sempre la legge, ma anche lo spirito della legge; pertanto, vorrei chiedere all’Onorevole Giudice di concedermi il minimo diritto umano nei confronti del mio Paese, osservando un minuto di silenzio per le anime dei bambini, delle donne e dei martiri della Palestina.

Innanzitutto, desidero affermare la mia fiducia nel sistema giudiziario italiano e riconoscerne la legittimità.

Tuttavia, mi oppongo all’essere processato in Italia, in quanto sono palestinese e non ho commesso alcun reato né in Italia né in qualsiasi altro paese. Il mio fascicolo, come resistente palestinese, è conosciuto dalle autorità di sicurezza italiane, e ho ottenuto il permesso di soggiorno in Italia e la protezione speciale dopo che la mia richiesta di asilo era stata respinta dal Tribunale di Foggia. Pertanto, signor Presidente, considero il mio arresto e il mio processo qui illegittimi, poiché l’arresto stesso, sin dal primo momento, è stato compiuto in contrasto con il diritto internazionale umanitario, con lo statuto delle Nazioni Unite, con la Convenzione di Ginevra e con i due protocolli aggiuntivi, e tutto ciò che ne è derivato è anch’esso illegale; ciò che si fonda sull’illegittimità, infatti, è anch’esso illegittimo.

Se riconoscete la legittimità dello Stato di Palestina, allora la richiesta di estradizione avanzata nel gennaio dello scorso anno nei miei confronti avrebbe dovuto essere presentata attraverso il governo del mio Paese. Se, invece, considerate la Palestina come un territorio illegalmente occupato da una potenza coloniale, allora la resistenza è un diritto legittimo e non dovreste arrestarmi qui per tale motivo.

Sfortunatamente, signor Giudice, ho preso visione delle vostre osservazioni sul caso e, con rammarico, ne ho dedotto che considerate il palestinese terrorista non per la, legittima, resistenza che porta avanti contro uno stato occupante, ma perché riconoscete Israele come uno Stato amico. Se in ballo vi fosse stato un altro paese occupante, la Russia ad esempio, avreste riconosciuto la legittimità della resistenza palestinese. Non mi state processando in base al diritto internazionale, ma in base ai vostri rapporti diplomatici, solo perché Israele è considerato un alleato del governo italiano, un partner commerciale, e ritenete legittime tutte le azioni che esso porta avanti. Tanto vale allora cambiare il nome delle corti internazionali e umanitarie in “Corti degli amici”.

 Volete che mi difenda dalle accuse a mio carico, ma mi vergogno di cercare l’assoluzione da accuse che per me rappresentano un motivo di onore. Non voglio difendermi dall’accusa di avere dei diritti e di averli rivendicati, o di aver tentato di liberare la mia gente e il mio Paese dall’oppressione coloniale. Giuro che non intendo essere assolto dalla legittima resistenza contro l’occupazione sionista. La resistenza palestinese è uno dei fenomeni più nobili conosciuti dalla storia.

 Piuttosto, mi vergogno di trovarmi in una stanza calda, anche se in carcere, mentre i bambini di Gaza muoiono di freddo, fame e sete. Mi vergogno del buon trattamento ricevuto dalle autorità carcerarie qui, mentre i miei fratelli prigionieri nelle carceri israeliane vengono sottoposti ai peggiori tipi di tortura, oppressione, sevizie.

Signor Giudice, su tutti i miei documenti rilasciati in Italia non è riportato il nome “Palestina”, ma quello di “Territori occupati”. Quindi, sapete che quella terra è occupata e, di conseguenza, in base alle convenzioni firmate dal vostro Paese, dovete ritenere legittima la resistenza contro l’entità occupante. Perché allora mi ritrovo oggi detenuto da parte vostra?

 Come partigiano palestinese sono costretto ad osservare che da un punto di vista politico il mondo adotta due pesi e due misure: colui che è più forte e appoggiato dagli USA è colui che prevale.

Ma la Giustizia, il diritto, utilizza anch’esso lo stesso metro di giudizio, due pesi e due misure, oppure saranno le leggi a prevalere nelle aule di Tribunale?

Sarebbe giusto, se considerando i coloni che occupano la terra di Palestina senza diritto né legittimità, dei civili, solo perché non indossano le divise dell’esercito israeliano, aveste lo stesso giudizio nei confronti della resistenza palestinese, anch’essa infatti è composta da civili e non da militari, in quanto la Palestina non possiede uno Stato e neppure un esercito con cui difendersi dagli aggressori. Entrambi impugnano le armi e uccidono; l’unica differenza è che la resistenza palestinese difende la propria terra, il proprio popolo e i propri diritti negati, e non uccide bambini, donne o civili se non per errore. Nel corso degli anni, questi errori non hanno mai superato l’uno per cento, mentre i coloni sistematicamente attaccano i civili indifesi. Da anni uccidono donne e bambini, bruciandoli addirittura all’interno delle loro case, come hanno fatto a Hebron uccidendo oltre 30 fedeli nella Moschea di Abramo, o come hanno fatto con la famiglia Dawabsha, con Iman Hejju, con Mohammad al-Durrah, o come hanno fatto nel villaggio di Jatt il 16 agosto e in molte altre occasioni, con lo scopo di incutere terrore nei palestinesi e obbligarli a lasciare la propria terra; i coloni seguono gli insegnamenti della Haganah e dell’Irgun.

Nulla può testimoniarlo meglio di quanto recentemente dichiarato in una lettera dal Direttore dello Shin Bet israeliano, che ha riconosciuto che i coloni sono gruppi terroristici e che le autorità israeliane dovrebbero arrestarli e reprimerli. Tuttavia, la risposta di Benjamin Netanyahu è stata fornire ai coloni oltre10.000 fucili.

Ma d’altronde cosa aspettarsi da Netanyahu riconosciuto dalla Corte Penale Internazionale come criminale di guerra per i massacri compiuti nei confronti dei palestinesi.

Il Tribunale dell’Aja ha emesso un mandato di cattura nei suoi confronti nel caso arrivasse in Europa, ma, nonostante ciò, il governo italiano ha dichiarato che sarà il benvenuto in Italia e ha rifiutato la decisione della Corte, disconoscendone la legittimità.

È il governo che ha deciso di arrestarmi su richiesta israeliana, attribuendomi l’appellativo di terrorista. Alla luce di ciò, posso affermare di non vedere nessuna legge in questo paese che non sia quella del più forte; tutto il resto sono solo finzioni che vengono, con la forza, imposte ai più deboli.

 Nella prima udienza estradizionale di febbraio 2024, ho chiesto alla Corte di Appello e al Procuratore Generale di non consegnare i contenuti dei miei telefoni cellulari agli israeliani, in quanto contenevano informazioni riservate che detenevo in qualità di resistente palestinese, di comandante partigiano. Mi è stato risposto che ciò non sarebbe accaduto, poiché erano consapevoli che eravamo in guerra e che l’Italia è neutrale. Tuttavia, sono rimasto sorpreso nel sapere che ad aprile scorso tutte le informazioni contenute nei miei cellari sono state passate agli israeliani. In questo modo, avete violato ogni principio di sicurezza e lo stesso diritto internazionale, diventando di fatto partecipi degli israeliani in questa guerra, aiutandoli nella repressione delle legittime aspirazioni di un popolo oppresso.

Le donne di tutta la terra non sono state capaci di dare vita a resistenti come quelli palestinesi.

Signor Giudice, contro di noi si sono schierate tutte le nazioni e gli eserciti del mondo, pensando di liquidare la nostra causa. Ma la nostra causa non finirà finché ci sarà un solo bambino palestinese in vita. I nostri diritti li riavremo. Non chiediamo pietà a nessuno, non ci inchiniamo davanti a nessuno, anche a costo di essere tutti uccisi, arrestati o deportati. I palestinesi non abbasseranno la testa né mendicheranno pietà, perché abbiamo dalla nostra parte la ragione. E se nessuno ci restituirà i nostri diritti in vita, crediamo che, dopo la morte, ci ritroveremo davanti a un giudizio che sarà il più giusto: quello di Dio, che non negherà il diritto a nessuno e ridarà a ogni oppresso i suoi diritti, forte o debole che sia, perché tutti, il giorno del giudizio, saranno uguali.

 Signor Giudice, in passato, sono stato sottoposto decine di volte alla tortura. Sono anche stato vittima di tentati assassinii da parte di Israele, sia in Palestina che all’estero. Nel mio corpo vi sono 11 proiettili e oltre 40 schegge; non ho un osso che non sia stato rotto. Non ho un passato, se non alcuni ricordi e foto di amici uccisi per mano dell’occupazione, e di un’amica giustiziata a sangue freddo davanti ai miei occhi. Ho una famiglia che non vedo da lunghi anni e due genitori morti senza realizzare il loro sogno di rivederci un’ultima volta. Ho una patria devastata, un popolo sfollato, e persino le nostre case sono state demolite dai bulldozer israeliani.
Ciononostante, non ho mai fatto un passo indietro né esitato nel rivendicare il diritto del mio paese alla libertà, e non ho mai chinato il capo davanti a nessuno. Questo perché credo fermamente in questa causa. Cosa sarà mai essere ucciso per la libertà del mio paese e del mio popolo? Cosa sarà mai trascorrere anni in carcere per la mia causa? Specie considerando che vi sono oltre 10.000 prigionieri palestinesi nelle carceri israeliane, e io sono una parte indivisibile di loro. Se vi è una cosa che mi rattrista, è che tutti i miei compagni hanno avuto l’onore di cadere martiri, lottando per la Palestina, nutrendo con il loro sangue quella terra di pace e amore, violata dall’occupazione sionista. E io non ero al loro fianco.

Non amiamo la morte; al contrario, siamo un popolo che ama la vita più di ogni altra cosa. Tuttavia, preferiamo la morte con dignità e onore al vivere nell’umiliazione, con i nostri diritti negati. Signor Giudice, noi crediamo che la Palestina lo meriti e che la nostra amata Gerusalemme abbia un caro costo, che ogni palestinese è disposto a pagare con la propria anima.

  Quando la Palestina chiama, ferita, ha solo noi, suoi figli, disposti a difenderla con l’anima e con il sangue. Chi non difende la propria madre quando ha bisogno di lui, un domani non avrà il diritto di essere seppellito nella sua stessa terra, annaffiata dal sangue dei martiri. È un figlio indegno, che verrà respinto dalla sua stessa terra e non sentirà mai calore, né in vita né in morte.

 Tutti voi avete una patria nella quale vivere in tranquillità e sicurezza, tranne noi palestinesi. La nostra patria vive in noi, e siamo disposti a sacrificare l’anima in sua difesa. È lei che ci dà dignità e onore, e questo lo possono comprendere solo i liberi di questa terra; siamo un popolo che non si arrende, è vittoria o morte.

 Come potete accusarmi di terrorismo, mentre riconoscete la legittimità del movimento Fatah, del quale esistono uffici e rappresentanze in tutto il mondo, tra cui l’Italia, non è un atteggiamento falso e ipocrita?

L’Italia ha anche accolto il leader e fondatore del nostro movimento al Parlamento italiano per ben due volte. In quell’occasione, egli venne in Italia vestito con la propria divisa militare e armato, e dall’Italia pronunciò un discorso che fu ascoltato dal mondo intero. Lo stesso è stato fatto con l’attuale presidente, Mahmoud Abbas.

Se lo sguardo strabico della giustizia affermerà che i resistenti palestinesi sono terroristi e non partigiani avallerà la politica del più forte, la legge della giungla, dove il più forte e brutale prevale.

Signor Giudice, il popolo italiano non è e non sarà mai nostro nemico; merita tutto il meglio e il nostro rispetto, è un popolo amico che ha sempre sostenuto la causa palestinese. I nostri nemici sono gli israeliani che occupano la nostra terra, e nessun altro.
L’entità israeliana è un’entità occupante e terrorista, che non rispetta e non ha mai rispettato, nella sua storia, le leggi internazionali. Ha una storia colma di tradimenti. Hanno assassinato, nel corso degli anni, molti palestinesi in tutto il mondo: in Norvegia, Ungheria, Bulgaria, anche qui in Italia, in Malesia e in diversi paesi arabi. Essi non riconoscono nessuna legge che non sia la loro, nessuna legittimità che non sia la loro, e guardano a tutti coloro che non sono israeliani come loro subordinati.

Oggi definiscono le organizzazioni delle Nazioni Unite come terroristiche, come l’UNRWA, e l’ONU come un covo di antisemiti, e con tutta insolenza attaccano anche il Papa con la stessa accusa infamante. Diventa un nemico da prendere di mira chiunque non si allinei con loro.

Noi Palestinesi siamo un popolo libero e non accetteremo mai di essere gli schiavi di nessuno.

In questi ultimi giorni, davanti agli occhi dell’intero mondo, l’esercito israeliano ha sfollato oltre 40 mila palestinesi dalle proprie case a Tulkarem, bruciando abitazioni, devastando strade, ospedali, uccidendo donne e bambini; lo stesso accade anche a Jenin. Continuano a occupare anche ora, mentre mi trovo in quest’aula, commettendo i peggiori massacri contro i civili inermi, mentre voi tacciate il nostro difenderci di terrorismo; su quanto accade siete divenuti ciechi e sordi, perché non vi esprimete?

Signor Giudice, l’entità sionista uccide e distrugge in Palestina sin dal 1947, e non dal 7 ottobre. Ma il mondo è rimasto immobile e in silenzio, e il dolore lo prova solo chi riceve la ferita.

Ci troviamo ad affrontare una violenza squadrista, nazi-fascista, così come il popolo italiano ha affrontato l’aggressione e la violenza nazista tedesca. La differenza tra noi e voi, però, è che dopo più o meno 20 anni, voi siete riusciti a liberarvi, mentre noi, dopo 75 anni, ci ritroviamo ancora a resistere.

Signor Giudice, se la resistenza palestinese, legittimata da tutte le corti internazionali, a cui l’Italia ha aderito e riconosce legittimità, oggi la considerate terrorismo, allora, stando allo stesso principio, anche la resistenza italiana contro Mussolini, il fascismo e la Germania nazista dovrebbe essere definita terrorismo.

  Signor Giudice, nel corso della sua storia l’occupazione israeliana non ha rispettato né le Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza né le decisioni della Corte Internazionale, potete dirmi che fine hanno fatto gli Accordi di Oslo e Camp David, e che fine hanno fatto le risoluzioni del Consiglio di Sicurezza 242 e 338?

Riuscite a censire i palestinesi uccisi nel corso dell’aggressione israeliana a partire dal 1947 fino al giorno d’oggi? Oppure il numero di profughi cacciati? Come si esprime su questo il vostro diritto e la vostra legge?

Signor Giudice, la madre palestinese è come tutte le madri di questa terra. Immaginate con me di svegliarvi ogni mattina, mandare vostro figlio a scuola, preparargli da mangiare e, al momento di riaccoglierlo a casa al suo ritorno, vederlo tornare avvolto in un telo bianco, ucciso da un soldato israeliano, e doverlo stringere per l’ultima volta.

Immaginate, a Gaza, un padre con sua moglie e nove figli che si trovano senza cibo. Il padre esce per cercare qualcosa da mangiare; al suo ritorno ritrova tutta la famiglia morta sotto le macerie, uccisa da un bombardamento sionista.

Qualcuno di voi può alzarsi e dire che Israele è uno Stato occupante, oppressore e terrorista? Questa verità la sapete tutti in cuor vostro, ma nessuno di voi può dirla ad alta voce, perché vi ritrovereste accusati di antisemitismo, perdereste il vostro lavoro o potreste trovarvi a dividere con me il tavolo a pranzo in carcere, con un’accusa di terrorismo. Per questo dico e ripeto che forse i palestinesi sono i soli liberi in questo mondo di schiavi.

Viva la Palestina libera e araba

Viva Gerusalemme, sua eterna capitale

Pace all’anima dei martiri e dei bambini di Palestina

Saremo sempre la prima linea di difesa fino alla liberazione 

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