anche a Taranto in questi mesi sta andando avanti una repressione padronale/Istituzionale che ha chiare caratteristiche fasciste.
Abbiamo già parlato e torneremo a farlo dei licenziamenti all’ex Ilva, poi ArcelorMittal e ora Acciaierie d’Italia, che hanno un evidente messaggio intimidatorio verso tutti i lavoratori: licenzio alcuni singoli lavoratori per imporre a tutti di abbassare la testa, di non pensare, non denunciare problemi di sicurezza, a fronte di una politica che ogni giorno mette a rischio il lavoro, attacca il salario di migliaia di lavoratori, la sicurezza e con incidenti/mancanza di manutenzionedegli impianti che mettono in grave pericolo la vita stessa dei lavoratori.
Un altro fronte è il Cimitero, dove tempo fa vi è stata un’aggressione criminale verso il delegato Slai cobas da parte del referente della Ditta creando un clima di pesantissima intimidazione, minacce contro tutti i lavoratori dello Slai cobas con il chiaro tentativo di far fuori materialmente lo Slai cobas, sindacato nettamente maggioritario al Cimitero.
In questa aperta repressione, Magistratura, Istituzioni locali, e per l’ex Ilva anche Ministri, si sono voltati dall’altra parte o hanno dato ragione ai padroni.
Recentemente sta andando in scena – questa volta tra i lavoratori e in particolare contro lo Slai cobas sc della ex pasquinelli, lavoratori impegnati in appalti pubblici che da 10 anni lottano per una stabilizzazione lavorativa nell’impianto di selezione della differenziata – un’altra faccia di fascismo padronale, in questo caso di un Ente pubblico, l’Amiu che vuole il licenziamento di 8 lavoratori. Questa volta il messaggio è ancora più chiaro, dice apertamente, e opera di conseguenza: io voglio attaccare, liberarmi dello Slai cobas e per farlo tolgo il lavoro ai lavoratori – indipendentemente se sono tutti dello Slai cobas o di altri sindacati, addirittura se erano presenti ad una iniziativa sindacale dello Slai cobas o no. Con un’azione di aperta ritorsione/vendetta: due hanno protestato e io per ritorsione faccio fuori 8.
Queste repressioni sono accompagnate da dichiarazioni, reazioni alle denunce e iniziative sindacali, da parte delle aziende isteriche, anche viscerali, fuori da ogni “normale” contrasto azienda/sindacati, che mostrano l’attuale humus che caratterizza questi attacchi; in cui ciò che si vuole colpire non è neanche la lotta, la protesta in sè, ma il fatto che lavoratori, lo Slai cobas sc osi mettere in discussione il potere dei padroni, o di rappresentanti istituzionali.
Non è un caso che in generale, anche in altre realtà a livello nazionale, la motivazione di vari licenziamenti repressivi è la “rottura del legame di fiducia”, che tradotto è “non ti sei assoggettato a me”.
Tutto questo richiede, maggiore comprensione da parte dei lavoratori e una lotta, risposta, unità che deve necessariamente elevarsi per scontrarsi con questa nuova realtà.