Il tribunale di Torino nega il “diritto al lavoro” anche a Maya
Maya era stata arrestata il 13 febbraio insieme ad altri due studenti durante una contestazione nata spontanea in Università contro un bieco ed infame volantinaggio del Fuan come sempre reso possibile e tutelato da decine e decine di celerini schierati con scudi e manganelli. Quattro giorni dopo è stata rilasciata con una misura violenta e schiacciante: il divieto di dimora a Torino, suo luogo di nascita, residenza, studio e lavoro! Il pretesto per l’applicazione di questa misura è allontanare la persona che la subisce dal luogo del “delitto”. Ciò che sottende in realtà a questa misura subdola è lo sradicamento della persona dal suo contesto di vita, dalla sua casa e dal suo mondo relazionale e sociale. Un evidente tentativo di annichilimento punitivo a cui Maya ha resistito in questi 6 mesi nei quali si è vista negare permessi per sostenere esami, per sottoporsi a visite mediche e ha dovuto faticare per ottenere permessi per fare la spesa utilizzando i buoni. Ora però l’azione repressiva della magistratura torinese ha voluto per l’ennesima volta ricordare a Maya e ai 19 studenti antifascisti sottoposti da circa un mese a misure che vanno dalle firme giornaliere, al divieto di dimora ai domiciliari per la medesima contestazione di febbraio che essere antifascisti è un reato e che a chi lo porta avanti verranno negati e schiacciati tutti i diritti: Maya aveva infatti presentato istanza di permesso per poter andare a lavorare sabato 8 agosto…lavoro che chiaramente è la sua unica fonte di reddito e sostentamento.
La risposta è prontamente arrivata:
“attesa la GRAVITA dei fatti contestati all’indagata – ( eh si perchè Maya non è ancora stata né sottoposta a processo né giudicata per i fatti di quella giornata)- e il contesto nel quale sono stati commessi, la richiesta non è compatibile con le esigenze cautelari poste a fondamento del provvedimento applicativo e tuttora sussistenti, tenuto conto del NON RILEVANTE – (6 mesi!!!!!!) – periodo di tempo dall’esecuzione della misura”.
Avremmo delle domande da porre al giudice Edmondo Pio che ha negato l’istanza: come pensa che Maya possa mantenersi in questi mesi e quale ritiene sia il tempo necessario per smettere di espiare la grave colpa di essere antifascisti. Ci terremmo anche a ricordare ai signori giudici che nè Maya né gli altri 19 studenti antifascisti repressi hanno affrontato alcuno dei tre gradi di giudizio ma ci pare vengano già ritenuti drammaticamente colpevoli.
Ormai il tribunale di Torino ci ha abituato ad ogni distorsione della legge a scopo politico contro i movimenti sociali. Persino il “diritto al lavoro” su cui sarebbe basata questa presunta Repubblica viene negato se si è antifascisti e attivi nelle lotte della nostra città. Ma accanto a Maya siamo in tanti e tante e non ci faremo intimidire da queste persecuzioni.